venerdì 15 maggio 2009

Ospedale San Giacomo:Prior in Tempore Potior in Iure!




Assodata
l'anmnesi reliquiaria monastica taumaturgica del culto di San Giacomo con le reliquie del santo e le Bende di Cristo affidate in Fidecommisso ai Colonna, presso il nucleo pregresso ospetaliero,onde Barbarossa si assicurasse che i Colonna fossero vassalli e feudatari di tale teritorio ,parte integrante del Mausoleo d'Augusto,acquistato con danaro privato del Barbarossa e concessa in beneficio fidecommissario dallo stesso,onde requisire la stessa fedelta' all'Impero da parte dei Colonna, in relazione alla notizia che nel 1601 l'Ospedale fosse stato ingrandito dal cardinale Salviati, indipendentemente se abbia ritenuto o meno di formulare testamenti,esso e' inficiato dalla circostanza che nel 1816 persino la Chiesa riconosceva di non poter requisire i Beni ecclesiali monastici che erano passati al Vaticano, prima perche' la Donazione di Costantino era falsa, secondo perche' ancora i Colonna erano Fedecommessi della Dinastia di Federico II, quindi di Federico VI de Stupho ,detto Avril(Staufer) de(von) Saint(Hohen) Genis(Staufen)



OSPEDALE E CHIESA DI S. GIACOMO


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Non si può parlare di questa chiesa senza fare riferimento all'omonimo ospedale che ne è annesso, che l'ha preceduta come Chiesa Cappella ospetaliera e reliquiaria voluta dal Barbarossa che del Mausoleo di Augusto e delle pertinenze era proprietario di cui l'Ospedale fondazione è parte integrante.

Tra i più antichi ospedali sorti a Roma nel medioevo, quello di S. Giacomo situato tra Via dei Corso e Via Ripetta fu il terzo a sorgere. Il primo fu di S. Spirito in Saxia, fondato da Re Ina dei Sassoni , antenato della Principessa Yasmin ,cioè dei Sassoni, popolazione che risiedeva in quel borgo accanto al Vaticano. Era pontefice il grande Innocenzo III, papa dal 1196 al 1216. Il secondo ospedale venne aperto circa un secolo dopo presso la Basilica di S.Giovanni in Laterano e chiamato dapprima Ospedale S. Angelo, poi del SS. Salvatore "ad Santa Santorum" per la scala santa e le insigni reliquie ivi custodie, ereditate daCostantino il Grande , Re Desiderio e poi dal Barbarossa . Siamo agli inizi del 1300. Il terzo ospedale chiamato S. Giacomo "in Augusta" (così era nominata quella regione per la presenza del mausoleo di Augusto imperatore) sorse per cura degli esecutori delle ultime volontà del Card. Pietro Colonna defunto nel 1326, sull'antico presidio ospetaliero e reliquiario monastico voluto dal barbarossa ed affidato ai vssali e fidecommessi, unitamente alle reliquie ereditate dalla dinastia Aprile von Hohenstaufen Puoti Colonna.

All'origine dell'Ospedale S. Giacomo sta un atto di espiazione e di riparazione di gravi peccati commessi contro la Chiesa. Nella mente del Card. Giacomo Colonna fondatore dell'ospedale c'è la volontà di impiegare parte dei suoi beni per riparare il male fatto al Papa Bonifacio VIII dalla nobile famiglia Colonna negli anni precedenti e culminato nel drammatico conflitto ad Anagni (lo schiaffo di Sciarra Colonna al Papa nel 1302).

Della enormità del fatto, riconosciuto dai Colonna che furono scomunicati fino alla quarta generazione, per purgarsi da tale scomunica e come penitenza canonica, nasce la volontà dei Cardinali Colonna di lasciare le loro sostanze per una benemerita opera di carità quale la fondazione di uno ospedale.

Dalla morte del Card. Pietro Colonna (1326) trascorsero parecchi anni per gli inventari, le liquidazioni ereditarie, poiché trattandosi di un Cardinale occorreva sceverare i beni patrimoniali privati da quelli che dovevano tornare alla Santa Sede, sicché la fondazione dell'Ospedale è datata nel 1339 come è testimoniata da una epigrafe lapidaria tutt'oggi esistente nell'ospedale.I Colonna diseredati dagli Orsini, furono poi rientegrati dei beni, in quanto fidecommessi dei veri propreitari, gli Hohenstaufen. Ed è ben verosimile che alla erezione del pio istituto si interessassero anche i nipoti del Card. Pietro, ed esattamente il Card. Giovanni (deceduto nel 1348) ed un altro Giacomo, vescovo di Limbez (morto nel 1341) noti entrambi per la grande amicizia che ebbero con il celebre letterato Francesco Petrarca.

Il luogo destinato per la costruzione dell'Ospedale non dovette essere scelto a caso. Bisogna ricordare che Roma nella prima metà del secolo XIII non difettava di ospedali, contandone ben 24, ma eccetto quello di S. Spirito, al cui servizio c'erano i frati ed oltre una trentina di inservienti, la maggior parte dei cosiddetti ospedali erano in realtà piccoli ospizi, tipo case private, serviti da due o tre persone. Non erano luoghi di cura veri e propri, ma ricettacoli temporanei per malati, di limitata capienza e spesso inefficienti.

L'Ospedale S. Spirito in Saxia era situato a pochi passi dalla Basilica Vaticana, meta dei numerosi ed affollati pellegrinaggi, e quello del SS. Salvatore in Laterano era un punto nevralgico per molti che andavano a venerare le reliquie nel "Santa Sanctorum" l'attuale Scala Santa. Era necessario un altro ospedale alla periferia opposta della città, nella parte settentrionale, verso la via Flaminia e la porta del Popolo dalla quale affluivano a Roma la maggior parte de "romei" e forestieri provenienti dal centro-nord d'Italia e d'Europa. Tra la Porta del Popolo e il centro abitato di Roma c'era un grande spazio libero, adibito a case coloniche, orti e vigne fino al Campo Marzio, verso l'arco del Portogallo sulla via Lata o Flaminia come allora si chiamata l'attuale Via del Corso, nei pressi della chiesa di S. Lorenzo in Lucina. Era questo un luogo adatto per costruirvi un ospedale ben attrezzato, pronto a ricevervi i pellegrini esausti per il lungo viaggio e ammalatisi per strada.

Il luogo poi era conosciuto per il grande Mausoleo fatto costruire dall'Imperatore Augusto per sé ed i discendenti della sua famiglia Giulia che erano ivi sepolti. La regioni si chiamava "Augusta o Augustea", il popolo la chiamava volgarmente Agosta. Il luogo quindi era molto adatto e comodo.

Della primitiva costruzione trecentesca dell'Ospedale S. Giacomo ben poco sopravvive. Il tutto si riduce ad un portale di bella fattura, molto simile a quello che c'è all'Ospedale S. Giovanni, ambedue i portali eseguiti verso il 1350 e come pare per opera dei Cardinali Colonna. Il portale di S. Giacomo è più semplice di quello Lateranense, severo, con lo scudo gentilizio dei Colonna (la colonna), una corona che sembra marchionale, a fianco una mitra da cui pendono le sacre bende. Non c'è il cappello cardinalizio, forse perché l'arco fu costruito dal nipote Giacomo, vescovo di Lombez, figlio di Stefano Colonna, che ospitava nel suo palazzo il Petrarca.

Presso l'Ospedale c'era all'origine una piccola chiesa o oratorio, ed accanto al essa un cimitero per la sepoltura dei defunti. La chiesetta sita in via Ripetta era dedicata alla Madonna. Anticamente il cimitero era considerato il luogo del riposo "dormitio", ma veniva chiamato anche paradiso giacché nella speranza della risurrezione i defunti erano in attesa del Paradiso. Di qui il nome della Chiesa: S. Maria in Porta Paradisi. La chiesa primitiva fu poi ampliata, rifatta ed abbellita in seguito al voto fatto dai romani sopravvissuti alla terribile pestilenza dei 1522-1523, come è scritto in una lapide che esiste ancora oggi sulla facciata della bellissima chiesa opera di Antonio da Sangallo il giovane, di stile rinascimento fiorentino del XX secolo: "Ecclesia S. Mariae Portae Paradisi, Liberatricis Pestilentiae, anno Domini MDXXIII.

Dopo avere funzionato circa un secolo, l'ospedale dei Colonna fu affidato dal Papa Nicolò V ad una congregazione detta Società di S. Maria del Popolo (1451), e passati altri cinquant'anni subì una trasformazione funzionale, diventando un ospedale specializzato.

Infatti in quegli anni si andò diffondendo anche in Italia tramite l'esercito invasore di Carlo VIII di Valois (1495) la terribile malattia chiamata morbo gallico o francese conosciuto oggi come sifilide.

Diffusosi anche il terrore per il rapido dilagare del contagio, i disgraziati infermi venivano respinti dalle case e persino dagli ospedali, e si vedevano spesso gironzolare per le strade, buttati per terra, o adagiati malamente su speciali carriole e mostranti ai passanti le loro piaghe doloranti per implorare carità ed elemosine. Tale spettacolo, particolarmente deplorevole nella città dei Papi, impressionò un pellegrino di eccezione il genovese Ettore Vernazza venuto a Roma al tempo del pontefice Leone X per dare vita all'Oratorio del Divino Amore, pia opera di carità che egli assieme ad altri concittadini aveva già fondato a Genova, con il nome di Ridotto di S. Maria degli Incurabili.

Del resto i Genovesi avevano da tempo una chiesa nazionale eretta in Trastevere: S. Giovanni Battista dei Genovesi ed avevano validi collaboratori come S. Gaetano da Thiene, Gian Paolo Carafa (poi Papa Paolo IV) ed in seguito il Papa Clemente VII. I rapporti tra i confratelli del Divino Amore e l'Ospedale S. Giacomo si mantennero stretti, ma per breve tempo; la compagnia, come altre istituzioni del genere fu dispersa nel terribile sacco di Roma (1527). Ma sopravvisse grazie allo spirito caritativo che si era diffuso sopratutto per opera del celebre S. Filippo Neri, fiorentino e dell'abruzzese S. Camillo; divenne Arciospedale ed ebbe per armi ed insegna l'immagine della beata Vergine Maria e dell'Apostolo S. Giacomo maggiore, pellegrino a Compostella, sotto i quali si aggiunge una carriola con l'infermo dentro, in atto di implorare pietà. E sotto la scritta: Fate l'elimosina a li poveri infermi dell'incurabili.

La cura contro la sifilide convogliava a S. Giacomo centinaia di malati, soprattutto nel mese di luglio. Si facevano bandi pubblici per tutto lo stato pontificio, si allestivano tende nei cortili per ospitare chi non poteva essere ricoverato nelle vaste corsie del nosocomio, si chiedevano contributi da parte dei ricchi per sovvenzionare la cura e la degenza. In un libro di accettazione dei malati, conservato nell'archivio storico del S. Spirito nell'anno 1525 sono segnati circa duemila degenti per la cura di quel triste male. La cura consisteva in decotti, sudoriferazioni, purghe, salassi, dieta appropriata con il legno santo", cioè infusi di corteccia di una pianta proveniente dalle Antille ed importata a C. Colombo nelle sue scoperte. L'ospedale S. Giacomo rigurgitava di malati, inservienti, parenti, di assistenti volontari e generosi: si può ben immaginare il disordine, la confusione e la sporcizia. Molti malati traevano rimedio e guarigione. Cappellani dell'ospedale erano i frati Cappuccini che si prodigavano con infinita carità francescana.

Protettrice dei Cappuccini e grande benefattrice dell'Ospedale era la principessa Vittoria Colonna, coltissima poetessa che ebbe cordiali rapporti con Michelangelo. Lungo quegli anni, cioè nella seconda metà del'500 ecco tre santi che frequentano abitualmente l'Ospedale. Il primo è il Teatrino S. Gaetano da Thiene, confondatore dell'Oratorio del Divino Amore. Dimorò per vari anni dentro l'ospedale a cui donò tutti i suoi averi. Il secondo è il grande fiorentino S. Filippo Neri la cui fervida carità ha lasciato in Roma tante memorie, ricordi ed episodi anche umoristici.

Egli soleva visitare l'ospedale degli Incurabili con i suoi discepoli, serviva i malati, insegnava ai suoi giovani preti dell'Oratorio come si trattano cristianamente gli infermi, si curano, si confortano e si preparano ad una buona morte. Una vera scuola di assistenza infermieristica e di apprendistato. Il terzo santo è l'abruzzese Camillo de Lellis. Giunto a Roma verso l'anno 1570 affetto da una piaga ribelle al piede destro, dopo avere vagato in più ospedali venne ricoverato agli Incurabili (S. Giacomo) e per prolungarvi il soggiorno si offrì come inserviente. Invasato però dal vizio del gioco e per i modi rozzi e bruschi imparati durante gli anni quando era soldato di ventura, fu presto licenziato. Senonchè questa degenza bastò a gettare in lui il seme di un rinnovamento spirituale che alcuni anni dopo lo spinse a ritornare a S. Giacomo sempre per la cura del piede destro, inguaribile, che portò fino alla morte. Nell'ospedale vi rimase circa nove anni, dal 1575 al 1584: come malato, poi come infermiere ed in ultimo come maestro economo. Nei libri dell'ospedale è segnato anche il salario di Camillo de Lellis, denaro che egli devolveva ai malati più bisognosi. Per la sua abilità egli riusciva a spendere più denaro di quello somministratogli dalla cassa del Pio Istituto, senza creare debiti, confortato,dalle offerte spontanee e l'assistenza di molti benefattori. Venne licenziato dalla direzione perché metteva ordine ed esigeva dai dipendenti disciplina, competenza e servizio professionale. Nel corridoio accanto alla farmacia c'è oggi una lapide che commemora la sua permanenza all'Ospedale. Camillo si trasferì al Santo Spirito in Saxia dove diede origine al benemerito Ordine dei "Ministri degli infermi" chiamati oggi Camilliani per l'assistenza religiosa e morale degli infermi. Parecchi sacerdoti camilliani sono laureati in medicina ed hanno cliniche e case di cura da loro gestite con lo stesso spirito caritativo del fondatore. S. Camillo moriva i 14 luglio del 1614. Era molto devoto di una Madonna dei Miracoli conservata nella chiesa di S. Giacomo.

Tra i benefattori dell'Ospedale un posto speciale occupa il Card. Antonio Maria Salviati, della nobile famiglia dei principi Salviati, fiorentino, creato cardinale dal Papa Gregorio XIII (1583). Questo munifico principe della chiesa cominciò a beneficare l'ospedale S. Giacomo fin da quando fu eletto guardiano, rinunciando a suo favore al reddito che gli fruttava la gabella sul pesce nel porto di Ripetta.

Egli ricostruì praticamente quasi tutto l'edificio in forma più vasta e più consona ai progressi dell'arte igienica-sanitaria, affindandone la direzione all'Architetto Francesco Capriani da Volterra che aveva portato a Roma dalla Toscana. Su di una parete dell'atrio dell'ospedale una grande lapide scritta in latino commemora la ristrutturazione del nosocomio.Ma nel 1816 , fu restituito ai Colonna

Altri lavori di ampliamento vennero fatti due secoli dopo, sotto il Papa Gregorio XVI dall'architetto Pietro Camporese (1842-1844): una intera ala sul lato di Via Canova, di tre piani, lunga 150 metri, con grandi finestre arcuate.

In seguito sotto Pio IX altri lavori di sistemazione furono eseguiti nei locali a pianterreno per la generosità di quel Papa in seguito ai molti guasti apportate dalla occupazione della repubblica Romana (1849). C'è un bel busto di Pio IX nel cortiletto dell'ospedale, ricordo e riconoscenza.

A conclusione della cronistoria dell'ospedale S. Giacomo riporto queste parole scritte a grossi caratteri sulla porta d'ingresso, parole del grande medico Augusto Murri: " Se potete guarire, guarite; se non potete guarire calmate; se non potete calmare consolate"


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A cura dei Camilliani: L’OSPEDALE S. GIACOMO degli INCURABILI

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